El Cocoliche – Italiani in Argentina
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Fra il 1880 e il 1950, l’Argentina accolse un gran numero di emigranti italiani, soprattutto povera gente non scolarizzata provenienti dalle campagne, che arrivava con nessuna o pochissima competenza della lingua spagnola che si stanziava nella capitale e lungo il corso del Rio de la Plata.
Gli immigrati italiani (che fra il 1880 e il 1930, costituivano oltre il 40% della popolazione della capitale argentina), impegnandosi per cercare di comunicare con i locali, produssero una varietà mista di spagnolo e dialetto italiano di uso orale, in cui forme lessicali italiane si alternavano a quelle spagnole. Commistione favorita dalla vicinanza genetica dell’italiano e dello spagnolo. Tale varietà linguistica venne usata nel teatro popolare argentino (sainete) in cui nacque il personaggio comico di “Cocolicchio“, caricatura di un italiano del sud che si rende ridicolo con il suo modo di parlare, vestire e comportarsi. Fu così che il pidgin parlato dagli italiani ebbe il nome di “cocoliche”, ben diverso dalla lingua del personaggio teatrale, e molto differenziata a causa della grande varietà dei dialetti parlati dagli italiani che si andarono a mescolare con lo spagnolo.
In realtà il cocoliche si configura come una gamma di varietà che vanno da una base di spagnolo con porzioni grammaticali e lessicali di italiano (situazione tipica del linguaggio maschile) a una base di italiano con lessico e strutture isolate di spagnolo (tipica del linguaggio femminile).
Il lessico del cocoliche era per lo più spagnolo ma possedeva numerosi prestiti lessicali dall’italiano come “mamma mia benedetta” e lessemi molto vicini a quelli dello spagnolo: “amico” per “amigo”.
Nella pronuncia venivano usati suoni inesistenti nel sistema consonantico spagnolo come [v] e [z]. Mentre il suono [x], non presente in italiano e di difficile acquisizione per i parlanti non nativi di spagnolo, veniva reso con il suono [k].
Sul piano della morfologia la tendenza era quella di eliminare la marca del plurale in -s, di sostituire l’ausiliare avere con essere (soy escapado = sono fuggito; in spagnolo: me he escapado) e di usare le preposizioni articolate, non presenti in spagnolo.
L’italiano standard non fu mai parlato dagli immigrati italiani in Argentina, poiché la maggioranza di essi era dialettofona. Questo ostacolò lo svilupparsi di una cultura della lingua italiana. Gli immigrati di seconda generazione crebbero parlando spagnolo a scuola, al lavoro e nel servizio militare, e il cocoliche rimase confinato soprattutto nella parlata degli immigrati di prima generazione e andò con gli anni estinguendosi (circa negli anni sessanta del Novecento). Il pidgin fu descritto in chiave umoristica in molti opere e lavori teatrali, dall’attore comico italo-argentino Dario Vittori.
Alcune parole cocoliche sono state prese in prestito dal lunfardo, un gergo della malavita, sviluppato negli ambienti più bassi di Buenos Aires, che possedeva numerosi termini provenienti dalle varie lingue degli immigrati. Il lessico di questa lingua contribuì ad arricchire il vocabolario dell’argentino parlato.
Origine del termine “Cocoliche”
Cocoliche è il nome deformato di un operaio calabrese (Cocolicchio) che lavorava nel circo dei Podestà, due fratelli genovesi. L’attore C. Petray, lavorando presso la compagnia teatrale del circo, durante la messa in scena di Juan Moreira, improvvisa un’imitazione di questo operaio. Lo ridicolizza perché Cocolicchio, nel cercare in tutti i modi di somigliare al personaggio di Juan Moreira, combina un pasticcio. L’imitazione ha così tanto successo che diviene l’archetipo dell’emigrato italiano che si sforza di somigliare al criollo ( al nuovo ).